A volte ci arrabbiamo per i più svariati motivi: nostro figlio non mette a posto la stanza, qualcuno ci risponde in un modo che percepiamo scortese, una nostra idea non viene rispettata. Magari ci arrabbiamo molto e in quel momento siamo totalmente convinti che la nostra rabbia sia giustificata dagli eventi che sono accaduti.
Se potessimo però guardarci con un po’ più di distacco vedremmo che spesso la nostra reazione è sproporzionata rispetto all’evento: altre persone, ad esempio, in quella stessa situazione, avrebbero reagito in modo completamente diverso. Ci sarebbero stati tanti altri modi di rispondere alla stessa situazione, eppure noi ci siamo arrabbiati, è venuta fuori questa grande rabbia che ci ha travolti e ci ha fatto agire in modi che non approviamo.
Cosa succede in questi casi, quando la rabbia è sproporzionata all’evento che l’ha generata? Che sta emergendo la rabbia di un bambino, un bambino che abbiamo dentro di noi, un bambino ferito.
Mettiamo che ci arrabbiamo quando nostro figlio ci risponde male perché percepiamo nella sua risposta una mancanza di rispetto. Mettiamo che noi abbiamo una ferita sul tema del rispetto, cioè che il bambino che siamo stati non è stato rispettato e per questo in passato abbiamo sofferto.
Allora quando nostro figlio ci risponderà male, emergerà in noi quel bambino ferito con tutta la rabbia di tutta la sua storia di non rispetto. È questa la rabbia che emerge, che non è legata tanto all’evento che l’ha scatenata, ma al nostro passato e a quello che ci portiamo dentro: l’evento è solo lo stimolo, non la causa.
Il fatto che questa rabbia emerga è meraviglioso perché ci dice qualcosa dei nostri più profondi bisogni. Non ci parla tanto della realtà contingente, ma ci dice qualcosa della nostra storia, di quello che siamo e ci portiamo dentro da sempre, delle nostre ferite ancora aperte. E tutto questo dovrebbe chiamarci a un lavoro interiore, e potrebbe darci l’energia per intraprenderlo.
E quando siamo di fronte alla rabbia di qualcun altro?
Quando vediamo negli altri una grande rabbia, il primo impulso è quello di difenderci, di arrabbiarci a nostra volta, di giudicare, magari perché percepiamo che dal nostro punto di vista questa rabbia è ingiustificata, è sproporzionata rispetto all’evento che l’ha stimolata.
Eppure sarebbe bello riuscire a vedere in questa manifestazione della rabbia dell’altro la parte bambina che si sta muovendo in lui e provare compassione e tenerezza per quel bambino che è stato ferito e che adesso si manifesta. E se questa persona è qualcuno a cui vogliamo bene e con cui abbiamo una relazione, riuscire a guardarlo nella sua rabbia con quella tenerezza con cui prenderemmo in braccio un bambino ferito.
Non dobbiamo per forza rispondere, reagire, arrabbiarci a nostra volta, né colpevolizzarci pensando di essere l’unica causa della sua rabbia, ma forse solo vedere quella parte bambina dell’altro e riconoscere la sua sofferenza. E forse un giorno riusciremo ad aiutare anche l’altra persona a vedere questa parte e a prendersene cura, sapendo che anche quando siamo di fronte alla rabbia dell’altro siamo di fronte a un’energia che può essere preziosa e che potrebbe diventare il propellente di una trasformazione interiore.
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